Crescita e spazi: l’eterno ritorno?

Il problema principale del “Carducci”, che nel frattempo vede avvicendarsi alla dirigenza Alessandro Fugaroli e Alfonso Serafini (quest’ultimo a partire dall’anno scolastico 2005-2006), ritorna, ironia della sorte, quello che turbò i sonni dei vari de Manincor e Pollini, cioè di contenere in una sede adeguata un numero di studenti che appare in tumultuoso aumento. A ricordo dei non lontani tempi delle “vacche magre” restano le due sole classi quinte in uscita, nel 2006, a fronte di un numero di classi prime che arriva a nove sezioni, numeri confermati dalle nove prime dell’anno successivo.

Ormai anche la sede di via Canapa 75 è destinata a diventare per il “Carducci” un pezzo di storia, dato che la scelte locali sul piano degli edifici da destinare alle scuole assegnano questo edificio all’Ipsia “Ercole I d’Este”, che già ne occupa alcuni locali, da quando la vecchia sede Ipsia di via Roversella, destinata proprio al “Carducci”, è interessata da radicali lavori di ristrutturazione. Ma proprio in virtù del massiccio aumento di studenti frequentanti, unito ai tempi necessari per concludere i lavori in via Roversella, molte classi del Liceo sono destinate a rimanere per qualche tempo in via Canapa. Questa lunga storia ha mostrato, fra l’altro, che la politica locale in materia di edilizia scolastica (vuoi per la crescita sostenuta dei Licei, vuoi per intoppi nei cantieri) non ha mai abbandonato la linea dell’emergenza. E così il “Carducci” ritorna ad essere la scuola che bussa a tante porte: dopo aver utilizzato alcuni locali dell’Istituto “Monti” di via Azzo Novello, li Liceo è costretto a cercare nuovi spazi all’Istituto “Einaudi” (via Pergolato quarant’anni dopo!) eall’Istituto “Marco Polo” di via Ruggero Bovelli: in queste due sedi vengono concentrate le classi dell’indirizzo socio-psico-pedagogico.

Nel frattempo, cominciano a circolare ulteriori voci sulla futura sistemazione degli studenti di un Liceo che ormai supera le ottocento presenze. Si vaglia l’ipotesi di trasferire il “Carducci” nei locali del “Navarra” a Malborghetto, sede confortevole ma periferica; si cerca di ottenere qualche garanzia per la sede di via Roversella, occupata dal “Dosso” in emergenza e in cui ha fatto capolino anche qualche classe del vicino e gigante “Ariosto”; si stenta a capire se nei prossimi anni il “Carducci” tornerà ad essere unito malgrado i grandi numeri, cercando di scongiurare il rischio dell’eterno spezzatino vissuto negli anni Cinquanta e Sessanta.

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