Il ministero Bottai (1936-1945)
La guerra in Etiopia e quella di Spagna, frutto della politica imperialista fascista, avevano imposto al regime la necessità di alcune scelte. La strategia aggressiva e la conseguente necessaria autosufficienza (autarchia) imponevano la riorganizzazione completa di ogni ramo dell’economia e di tutte le forze che vi contribuivano. La scelta di una economia di guerra, che si tradusse nella concentrazione di alcuni settori, legati più o meno direttamente alla produzione di armi e materiale bellico, da una parte trasformava l’Italia da paese agrario-industriale in paese industriale-agrario, dall’altro spiegava il nuovo interesse del governo verso la preparazione tecnicoprofessionale dei giovani. In questo clima nuovo si colloca la Carta della Scuola di Bottai. Dal 1936, che rappresenta una data importante nella svolta del regime, per riorganizzare la scuola ed adeguarla alla nuova fase dell’economia di guerra era stato chiamato Giuseppe Bottai, già ministro delle corporazioni, che aveva teorizzato per Mussolini la irregimentazione operaia nella Carta del Lavoro. L’intervento nel settore della scuola si rendeva necessario, anche perché la politica dei ritocchi e degli aggiustamenti aveva sostanzialmente snaturato la riforma Gentile.
La scuola, quindi, veniva affidata nel 1936 ad un uomo, che si era battuto per la creazione di una nuova classe dirigente (si veda la Carta del Lavoro), che aveva puntato sul fascismo come realtà soprattutto urbana ed industriale, ponendosi il problema degli intellettuali e di un rapporto con loro, che garantisse al regime un’egemonia meno rozza di quella offerta da un rigido apparato poliziesco, quando non squadristico. I problemi che si trovava di fronte erano notevoli e complessi, l’economia di guerra stava avviando verso le città del triangolo industriale un nuovo proletariato, che aveva bisogno di essere integrato rapidamente nella realtà urbana e quindi nella scuola.
L’ipotesi di riforma di Bottai prevedeva il rapporto rigido dell’istituzione scolastica con gli organismi paramilitari di inquadramento della gioventù direttamente controllati dal partito. C’era la volontà di utilizzare tutte le istituzioni tradizionali, compresa la famiglia, per creare questa educazione a senso unico. L’opera sarebbe poi stata completata dalla scuola, in collaborazione con la Gioventù Italiana del Littorio e, per i più abbienti e fortunati, dall’Università nei gruppi universitari fascisti. La continuità fascista tra scuola e lavoro era rappresentata dal libretto personale, che, dopo la scuola, doveva essere presentato ai datori di lavoro e che documentava non solo i risultati scolastici, ma la partecipazione stessa alla vita associativa littoria, la quale aveva dichiarati scopi di preparazione militare: dal bambino che in divisa di “balilla” con un fucile di legno in mano fa la guardia ad un bidone di benzina, finoalle esercitazioni paramilitari del “sabato fascista” ed alle gare sportive littorie per i giovani delle scuole superiori e agli agoni culturali per gli studenti dell’università.Sul piano strutturale l’intervento più importante promosso dalla Carta della Scuola fu l’unificazione dei ginnasi e dei corsi inferiori degli istituti magistrali e tecnici attraverso la creazione di un unico corso triennale denominato tout court scuola media inferiore. L’unificazione non toccava, naturalmente, la scuola di avviamento, che continuava ad esistere e risultava ulteriormente emarginata; anzi Bottai per “quegli” studenti dagli 11 ai 14 anni proponeva addirittura la “scuola artigiana”.
Questa doveva preparare “alle tradizioni di lavoro delle famiglie italiane”, mentre la scuola professionale doveva avviare ”alle esigenze di lavoro proprie dei grandi centri”. Ancora una volta, quindi, si stabiliva per legge la distinzione tra la periferia, dove l’istruzione non aveva bisogno di particolare impulso ed il centro industriale dove le esigenze, soprattutto in relazione alla presenza dei grandi complessi industriali, erano ben diverse. Ma in tutte le operazioni bottaiane si nota la tendenza a ridurre i costi dell’istruzione pubblica in una fase in cui il bilancio dello Stato deve sopportare un incremento delle spese militari destinate a creare la forza necessaria Una delle più note manifestazioni della propaganda fascista nelle scuoleper le avventure imperialistiche. Nulla di concreto venne realizzato nell’ambito della scuola superiore, per la quale era previsto un meccanismo molto complesso di sbarramenti, che dovevano non solo selezionare, ma anche orientare secondo le esigenze produttive del regime.