La corsa ai Licei fa rinascere il “Carducci”

Il contributo più massiccio al salvataggio di quello che fu “il Magistrale” viene da una recente tendenza alla licealizzazione dell’istruzione superiore, nel senso di una corsa dei nuovi iscritti verso i Licei; è il frutto non tanto di scelte politiche, di fatto mai completamente uscite dalla carta del legislatore, quanto piuttosto dell’impatto psicologico di tali scelte su quella che ormai viene definita “utenza”.

Su scala nazionale si assiste, cifre alla mano, ad una vera esplosione delle iscrizioninei Licei, a fronte di un calo degli Istituti professionali e soprattutto dei tecnici, il cui destino, col passare degli anni e dei progetti di riforma, non appare chiaro. Il boom investe sia gli indirizzi tradizionali dei Licei (classico e soprattutto scientifico), sia le novità introdotte negli ultimi anni, in attesa che l’istruzione liceale riceva un assetto definitivo.

Il nuovo governo di centro-destra, con Silvio Berlusconi Presidente del Consiglio e la manager Letizia Moratti all’Istruzione, rivolge al mondo della scuola un’attenzione, rispetto ai predecessori del centro-sinistra, di pari intensità ma di segno per molti versi opposto.

Il concetto di obbligo scolastico viene considerato un rigido retaggio ottocentesco; la Legge n. 53 del 28 marzo 2003 abolisce la riforma dei cicli, realizzando una delle principali promesse elettorali in materia di istruzione.

L’articolo 7 di detta legge ha lo scopo di modificare profondamente l’assetto della scuola superiore italiana e contribuisce non poco ad orientare nel periodo successivo le scelte delle famiglie, delle dirigenze scolastiche e dei collegi dei docenti: dopo la frequenza della scuola media, lo studente dovrà in sostanza scegliere fra istruzione liceale (articolata in otto indirizzi) e professionale.

Ormai i Licei, grazie a massicce e sostanzialmente stabili sperimentazioni, sono estremamente articolati e assistono all’accesso di tipologie studentesche sempre più eterogenee. Rimane, nella mentalità comune, l’alone di prestigio, o quanto meno l’idea di istruzione di buon livello, che il nome “Liceo” evoca. Rimane pure, al di là dei fatti e delle prospettive, l’idea di un’istruzione professionale come di una scuola in tono minore, con diffuse situazioni di disagio e di dispersione scolastica.

Le famiglie si rivolgono ai Licei e vi iscrivono i loro figli, perché vi vedono una maggiore capacità formativa e credono sempre meno alle possibilità di una rapido inserimento lavorativo dei ragazzi all’uscita da diplomi un tempo ambitissimi per tale ragione.

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