“La nottola di Minerva”
Giunti al tempo presente, è saggia abitudine che il racconto storico finisca. Eppure è difficile non cedere alla tentazione di scorgere nel momento attuale, con alle spalle cent’anni di storia, qualche barlume dei potenziali sviluppi futuri. Così tentava di fare, con ben altre capacità di giudizio, il buon Hegel, autore dell’immagine della nottola che affettuosamente ci permettiamo di saccheggiare.
Secondo le previsioni più ottimistiche, entro un paio d’anni il “Carducci” tornerà ad avere una sede unica, attrezzata e confortevole. Ma la soddisfazione maggiore, percepita a tutti i livelli, è quella di aver superato il momento più difficile, quello che ha visto letteralmente sparire, anche in città vicine (da Cento a Ravenna), scuole dalla fisionomia simile a quella del “Carducci”, inglobate da realtà più forti.
L’Istituto, poi Liceo, si è piegato (alla logica dei “poli”), ma non si è spezzato e può continuare ad avere un ruolo di primo piano nel panorama della scuola ferrarese, mantenendo i fattori di equilibrio e correggendo i disagi che conseguono ad una crescita voluta, sperata, ma inaspettata nella sua considerevole entità.
Aggregatosi per necessità di sopravvivenza, il “Carducci” non ha mai in seguito approfittato della nuova crescita per accentuare le disarmonie che l’aggregazione forzata aveva necessariamente prodotto; lo spirito di collaborazione che, pur nelle difficoltà, ha permesso di superare le principali incomprensioni e distanze, offre nuove prospettive all’essere “polo” e alla creazione di un’identità che sia frutto del lavoro di tutti e non più del timore dell’estinzione.
Forte dei numeri e della capacità di rinnovarsi in fasi difficili, il “Carducci” non può più essere indicato come “ciò che resta del Magistrale”, un organismo tenuto in vita con le macchine. D’altra parte, potrebbe rivelarsi un errore rimanere abbagliati dalla crescita e dalle rapide trasformazioni degli ultimi anni, come se queste avessero oscurato, al modo di una pagina girata sopra la precedente, la lunga, e per molti aspetti omogenea, storia di una scuola la cui presenza è avvertibile e viva.
Cent’anni di vita spesa nella formazione dei maestri possono essere un’ottima credenziale, in un momento storico e in una società in cui appare sempre più urgente il tema della formazione e dell’educazione delle nuove generazioni. Perciò, se la consapevolezza del proprio passato può aiutare a consolidare il proprio ruolo in prospettiva futura, un tradizionale motto latino, che possa indicare una direzione, non risulterà troppo arrugginito: non scholae sed vitae.
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