“L’immaginazione al potere”

Se il clima è quello precedentemente descritto, non meraviglia riscontrare come il problema delle sedi sia anche al centro delle proteste che, dopo il Sessantotto, non possono non investire il “Carducci”; come a voler dire che l’”immaginazione al potere” dovrebbe compiere lo sforzo di immaginarsi una sede moderna e unica per il Magistrale... Se però  L’immaginazione si mostra troppo fervida, le proteste riprendono vigore: dopo un 1970 passato fra assemblee, nel tentativo di ottenere una riduzione del numero di alunni per classe, nel 1971 si protesta contro il progettato trasferimento della scuola in via Giuseppe Fabbri (ne riferisce anche il “Resto del Carlino” del 13 gennaio), zona che all’epoca si poteva considerare di estrema periferia.

Insieme al disappunto per un’eventuale nuova sede in una zona in cui all’epoca erant leones, la protesta riguarda l’ormai archeologica proposta di prolungamento del corso magistrale da quattro a cinque anni. Una protesta parecchio illusa sulla velocità di cambiamento della scuola italiana, ma che comunque coinvolge ben ottocento studenti su poco più di mille.

In effetti, l’abolizione dell’Istituto magistrale e la sua trasformazione sono temi che ricominciano ad essere ampiamente dibattuti a livello nazionale proprio a partire dai primi anni Settanta. Uno dei momenti più interessanti, e che avrebbero potuto trasformarsi in un concreto stimolo alla politica, è costituito dal convegno che il Centro Europeo dell’Educazione organizza nel maggio del 1970 a Frascati per una scuola superiore unitaria.

Nel caso specifico dell’istruzione magistrale, occorre anche tenere conto dell’incremento che, tra il 1970 e il 1977, investe la scuola materna statale. Tale fenomeno pone con urgenza il problema della formazione e dell’abilitazione degli insegnanti.

Nell’anno 1975, preso ad esempio, in Italia si abilitano poco meno di 14.000 insegnanti, ma oltre il 44 per cento è composto da elementi esterni, provenienti da corsi  che gli esperti giudicano spesso “frettolosi e abborracciati” .Gli anni Settanta sono anche il periodo in cui, come accade nella maggioranza delle scuole italiane, il “Carducci” si apre al mondo esterno e a tematiche di scottante attualità. Nella primavera del 1972 sono attivi nella scuola alcuni “gruppi di studio misti” che si occupano, fra gli altri temi, di gestione sociale della scuola e di diritto allo studio.

Alcuni docenti e il preside esprimono ad un certo punto il timore che troppe assemblee finiscano per disturbare o vanificare l’attività scolastica. La reazione degli studenti non si fa attendere: una volta che il preside nega le assemblee, scrivono al provveditore (all’epoca Michele Mandragora), chiedendogli addirittura di allontanare lo stesso preside, in quanto “vuole reprimere la democrazia nelle scuole”.

Le attività e i gruppi di studio continuano, ma sempre più spesso al di fuori dell’orario scolastico, come in occasione dell’incontro sulla condizione della donna nella società dell’epoca, promosso il 22 ottobre 1973 da Lucia Mantovani e Antonietta Buzzoni, incontro a cui partecipa Renata Talassi, nota senatrice e attuale segretaria della sezione ferrarese dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia.

Tra il 1973 e il 1974 si intensifica la frequenza degli scioperi studenteschi, come quello del 12 dicembre 1973 per ricordare la strage di Piazza Fontana e, come recita la richiesta dei promotori, “per la democratizzazione delle scuole”.

Il referendum sul divorzio del 1974 non passa inosservato, tanto che gli studenti richiedono per il 2 maggio di quell’anno un incontro sul tema, a cui sono invitati Vittorio Passerini, avvocato e uomo politico legato al PCI, l’allora presidente del tribunale Zeppareddu e Roberto Sgroi, su posizioni antidivorziste, quest’ultimo proposto dal consiglio dei genitori.

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